E' la maggiore delle cittadine abbandonate del Lazio. Non è possibile arrivarvi in auto, occorre parcheggiare a Casale Persi, a 600 mt. di distanza dalle maestose arcate a doppio ordine del suo acquedotto rinascimentale. In compenso si ha la sorpresa di trovare rovine che un paziente lavoro di restauro non permette di considerare ruderi. Meno male perchè sarebbe proprio un peccato lasciar andare in rovina questo gioiellino medievale.
Per accedere al pianoro tufaceo dove sorge il placido borgo basta arrampicarsi su un facile sentiero. Costruzioni etrusche di grande fascino, visibili una serie di tombe ai piedi della rupe portano il visitatore lontano nel tempo e, perchè no, non pensare a Manturna, la dea dell'oltretomba che il popolo associava ai fenomeni del vulcanismo residuo.
Dal IV si avvio' verso lo spopolamento e il declino, si dovettero aspettare 1000 anni prima che la cittadina tornasse all'antico splendore diventando sede vescovile, privilegio che conservo' fino alla fine del XI.
Giunti sulla piana dell'antico abitato non è difficile orientarsi nella semplice urbanistica seicentesca, ci sono anche cartelli che aiutano nella lettura dei monumenti. Ad esempio, sulla sinistra, bardata in un'armatura di ponteggi necessari al restauro, si erge la facciata della chiesa di San Bonaventura che cela alle proprie spalle i suggestivi resti del chiostro dell'attiguo convento.
Da ammirare inoltre la fontana del Leone, un calco dell'originale, brillantemente collocato dall'artista in cima alle rocce ammassate sulla facciata esterna del Palazzo. Il leone, che simboleggiava il feudatario, con una zampata provocava la cascatella d'acqua per il divertimento del popolo.
Fu proprio in questa valle e in quella contigua del Mignone che agli inizi del '700 trovo' terreno fertile la malaria, visto che le campagne circostanti erano in totale stato di abbandono. Fu il principio della fine. Fine che giunse nel 1799 per l'inattesa distruzione del borgo operata dalle truppe francesi per futilissime ragioni.
Per accedere al pianoro tufaceo dove sorge il placido borgo basta arrampicarsi su un facile sentiero. Costruzioni etrusche di grande fascino, visibili una serie di tombe ai piedi della rupe portano il visitatore lontano nel tempo e, perchè no, non pensare a Manturna, la dea dell'oltretomba che il popolo associava ai fenomeni del vulcanismo residuo.
Dal IV si avvio' verso lo spopolamento e il declino, si dovettero aspettare 1000 anni prima che la cittadina tornasse all'antico splendore diventando sede vescovile, privilegio che conservo' fino alla fine del XI.
Giunti sulla piana dell'antico abitato non è difficile orientarsi nella semplice urbanistica seicentesca, ci sono anche cartelli che aiutano nella lettura dei monumenti. Ad esempio, sulla sinistra, bardata in un'armatura di ponteggi necessari al restauro, si erge la facciata della chiesa di San Bonaventura che cela alle proprie spalle i suggestivi resti del chiostro dell'attiguo convento.
Da ammirare inoltre la fontana del Leone, un calco dell'originale, brillantemente collocato dall'artista in cima alle rocce ammassate sulla facciata esterna del Palazzo. Il leone, che simboleggiava il feudatario, con una zampata provocava la cascatella d'acqua per il divertimento del popolo.
Fu proprio in questa valle e in quella contigua del Mignone che agli inizi del '700 trovo' terreno fertile la malaria, visto che le campagne circostanti erano in totale stato di abbandono. Fu il principio della fine. Fine che giunse nel 1799 per l'inattesa distruzione del borgo operata dalle truppe francesi per futilissime ragioni.
Ma nessuno dice che qui è stata girata una delle parti più imporatnti del "Marchese del Grillo"?
Giordy